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Schede critiche
Testimonianza (Silvio Ferrari)

Enzo Carioti regista e interprete della versione sperimentale allestita nel 1991 dal Teatro del

Secondo Fuoco del testo di Ivo Bresvan: La recita dell’Amleto nel Villaggio di Mrdusva Inferiore.

Conoscevo da tempo Enzo Carioti perché ne seguivo l’attività di pittore e creatore di oggetti e

frequentavo i luoghi dove esponeva le sue opere. Probabilmente ci eravamo salutati e forse

scambiati qualche parola. Non credo molto di più.

Nel 1991 venne insieme con gli altri giovani del
Teatro del Secondo Fuoco ad un incontro richiesto

formalmente all’assessore comunale alla cultura. Che allora ero io.

Fu quella l’occasione in cui, dopo aver ascoltato le loro esigenze, quasi alla fine del colloquio,

feci intendere che avevo qualcosa, voglio dire del materiale di produzione personale che poteva

interessare il gruppo. Allora gli echi della guerra che si combatteva anche sul territorio della Croazia

erano certamente sui giornali, ma tutto era guardato e sentito da lontano.

Quando raccontai la vicenda e mostrai il carattere teatralmente strutturato dell’opera di Bres

van, avvertii subito in Enzo una reattività quasi febbrile. Insospettabile, ovviamente per chi non lo

conosceva bene.

Era come se avesse trovato un collegamento ideale con contenuti di una realtà che, per quanto

lontana e mediata, doveva aver occupato le sue riflessioni e la sua sensibilità.

Raccolsero la proposta di lettura del testo che avevo tradotto e mi chiesero di fornire loro qualche

altro elemento di conoscenza.

Carioti, come era suo costume culturale, se lo cercò probabilmente anche da solo. Tant’è vero

che la volta successiva mi mostrò il saggio di Krlez
va sui “Motivi della Podravina” (che Costa &

Nolan mi aveva appena pubblicato), quasi a voler dire che, almeno come riferimento estetico, si

sarebbe servito anche di quelle “immagini capitali” della cultura figurativa croata degli anni ’30.

Con Roberto Trovato, assistetti a una prima e poi ad una seconda prova nei locali di Vico Mele,

nel vecchio centro, non lontano dalle Vigne, restando impressionato, a mia volta, dalla capacità

critica ed originale di lettura che Enzo aveva avuto nella sua veste di regista, proprio nella

secchezza dei tagli, nella libertà dell’ambientazione, nella esasperazione delle forme espressive

del testo originale portate ad una specie di delirio grottesco dei dialoghi e del ritmo di svolgimento.

Si arrivò cosi’ alla “recita” di Bogliasco, cioè alle due rappresentazioni che il gruppo allestì in

uno “spazio civico”, alla periferia est della città di Genova. Ci furono interrogativi, consensi, dubbi

e pigrizie di lettura, specialmente nelle recensioni. Ma era facilmente prevedibile. Non c’era

nessuna possibilità di apprezzare, in quel contesto ancora così distratto rispetto alla drammaticità

degli avvenimenti rappresentati, la coinvolgente originalità del lavoro di Carioti e dei suoi compagni

di scena.

Perciò, a più di dieci anni di distanza, sento che questo è il ricordo di un lavoro incompiuto, di

un’emozione intensa, lontana, ma non certo cancellata. E parlarne in questa occasione, mi pare

un privilegio personale.


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Al pari altri intellettuali, delusi dalle forme espressive correnti, Carioti aveva maturato il convincimento che la creatività dovesse essere una sorta di lucida stupenda "follia" capace di sfuggire alla massificazione messa in atto dalla società
 
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